Fatti a pezzi ... brandelli di cinema da ricucire
A Night at the Opera - 1935 - di Sam Wood
I Marx Brothers all'opera
Fratelli Marx_la_cabina_esplode (Una Notte all'Opera) from Fatti a Pezzi on Vimeo.
Campo totale: è un tipo d’inquadratura in cui si definisce la rappresentazione, per intero, di un ambiente: di un esterno circoscritto oppure di un interno (come in questo caso specifico).
In questo nuovo appuntamento ci occupiamo della comicità surreale e corrosiva dei Fratelli Marx.
Un terzetto incredibile composto da: Groucho (Julius
Henry), leader carismatico del gruppo la cui popolarità è stata rinfrescata negli ultimi anni nelle vesti del fedele amico di Dylan
Dog; Chico (Leonard), spalla ideale di Groucho nelle irrefrenabili
escalation dialettiche; Harpo (Adolph Arthur), il più stralunato, assurdo e
irriverente dei Marx Brothers.
A questo terzetto mitico e inossidabile si
aggiungeva, fino al 1933 (Duck Soup),
anno in cui si chiude il periodo Paramount, un quarto fratello, Zeppo
(Herbert), sicuramente meno dotato e rappresentativo.
Gummo (Milton), il quinto fratello Marx, accompagnò
la carriera dei più celebri parenti per tutto il periodo precinematografico,
dal 1907 al 1920 circa.
La parabola cinematografica dei Marx Brothers si
divide in due grossi periodi: il periodo Paramount (1929-1933) che ne segna
l’ascesa e il successo, e il periodo Metro Goldwyn Mayer (1935-1941) che segna,
forse, l’apice della popolarità dei fratelli, con Una notte all’Opera del 1935, primo film del ciclo MGM, ma anche
l’inizio di un declino che proseguirà fino al definitivo tramonto, con gli ultimi
due film girati per la United Artists: Una
notte a Casablanca (1946) e Love
Happy (1950).
Abbiamo scelto di occuparci proprio del già citato A Night at the Opera (Una notte all’Opera), per la regia di Sam Wood; uno
dei film più celebri dei Marx Brothers.
Anche se i “puristi” preferirebbero altri titoli come, forse, Animal Crackers o Duck Soup, o Monkey Business, la scelta è motivata dal fatto che Una notte all’Opera è probabilmente il
film che coniuga più felicemente le straordinarie qualità comiche, i tempi
fulminanti e il continuo andare sopra e sotto le righe dei Marx Brothers con
le esigenze di una sceneggiatura più fluida, meno frammentata, e quindi più
facilmente digeribile da parte di un pubblico più vasto ed eterogeneo.
L’altro motivo che ci ha indotti a questa scelta, forse il più importante, è la presenza di una scena memorabile, tra le più note
e ricorrenti nelle antologie marxiane: la scena della "cabina sovraffollata”.
Una scena già molto commentata e analizzata, ma al
cui fascino e alla cui capacità di stupire e divertire, immutati negli anni,
non abbiamo saputo resistere.
Prima di affrontare il cuore della questione, immergendoci nell’affollata cabina dei Fratelli Marx, una breve notazione metodologica:
a qualcuno potrà apparire strano o poco corretto questo approccio "autoriale" all’opera dei fratelli Marx, trattandosi di attori e non di registi.
E il dubbio sarebbe persino legittimo se non fosse
che ci troviamo di fronte all’ennesima particolarità del genio schizoide della strampalata famiglia.
In effetti, nel caso dei Marx Brothers, per quanto
spesso s’intraveda, e si riconosca persino, la mano di ottimi o grandi registi,
come Sam Wood, appunto, per Una notte
all’Opera, o di Norman McLeod per Monkey
Business e Horse Feathers, o di
Leo McCarey per Duck Soup, sono la
presenza scenica, la capacità mimica e mimetica, i funambolismi verbali e i
virtuosismi acrobatici di Groucho & Co a dirigere, connotare, plasmare le
azioni, le scene, le sequenze, infine il film.
Il fantastico talento nell’occupare lo spazio del profilmico, il campo di ripresa, il décor;
la inusuale abilità nello stare costantemente in scena (tutt’altro che casuale il riferimento al teatro, vaudeville, da cui i Marx provenivano)
dall’inizio alla fine del film.
Questi elementi costituiscono
la cifra e caratterizzano la struttura di tutta la filmografia marxiana,
garantendole un’impronta sempre riconoscibile e giustificandone un approccio
analitico di tipo autoriale.
L’antefatto. Otis
B. Driftwood/Groucho Marx è una sorta di trafficone che mira alla
gestione del patrimonio della ricca ereditiera Mrs. Claypool/Margaret Dumont, che vuole entrare nell’alta
società e che si è appena inserita nel mondo dello spettacolo mettendo sotto
contratto una compagnia d’opera lirica italiana.
Dopo alterne vicende Driftwood e Mrs. Claypool
si imbarcano per New York; al loro seguito s'imbarcano, clandestinamente, tre
strani compagni di viaggio: Fiorello/Chico Marx, tuttofare della compagnia operistica, Tomasso/Harpo Marx, valletto del grande tenore Lassparri, e Ricardo Baroni/Allan Jones, cantante minore segretamente
innamorato di Rosa Castaldi/Kitty
Carlisle, primadonna della stessa compagnia, amata anche, ma senza
corrisponderne il sentimento, dal tenore Rudolfo
Lassparri/Walter Wolf King.
In questo complicato intrigo impostato sugli schemi del
melodramma classico, svolto a un ritmo scatenato, sempre in bilico tra ciò che
negli anni successivi sarà definita screwball
comedy e lo stile slapstick, i
Marx Brothers spadroneggiano, mandando a rotoli la logica del racconto e la
logica comune.
Ma torniamo alla nostra cabina: la scena si apre con Driftwood che
arriva danzando lungo il corridoio e si ferma davanti alla porta della cabina
numero 58, seguito dal facchino che trasporta il suo enorme baule; Driftwood manifesta immediatamente
perplessità circa le dimensioni di quella che lui definisce prima una “gabbia”
e poi una “cabina telefonica”, tanto che suggerisce al facchino di mettere la
cabina nel baule!
Rimasto solo nella minuscola cabina, Driftwood apre il baule dal quale
spuntano Fiorello, Ricardo e, da un cassetto, il dormiente Tomasso, tutti e tre clandestini.
Dopo alcuni scambi nel più perfetto non sense marxiano, Driftwood si affaccia sul corridoio e, chiamato lo steward, ordina
un pranzo che, grazie al contributo dei clandestini, assume le proporzioni di
un vero banchetto.
E’ a questo punto che ha inizio una sarabanda
circense indimenticabile.
In rapida successione, con una
segmentazione delle inquadrature estremamente rarefatta, entrano nella cabina,
che già conteneva a fatica i quattro e il baule: due cameriere con lenzuola e
coperte per preparare il letto, l’idraulico per riparare il riscaldamento, la
manicure con la sua cassetta per la toeletta, l’assistente dell’idraulico con
tutti gli attrezzi, una ragazza svampita alla ricerca della zia Minnie (!?) la donna delle pulizie
con tanto di secchio e ramazza, e infine quattro camerieri, con altrettanti
giganteschi vassoi da portata, per servire il pranzo.
Il livello di saturazione raggiunto dalla scena e dal campo di ripresa è assolutamente straordinario: una tale folla di
cose e di persone che, per di più, cercano (indipendentemente dalla presenza di
tutti gli altri) di svolgere il proprio compito, in un ambiente così ridotto,
rende assolutamente surreale la situazione.
Tutta la scena è sviluppata con una semplicità di
ripresa, e di quasi totale assenza di movimenti di macchina (non ce ne sarebbe neanche lo spazio!), del tutto spiazzante.
Tutto il senso e il fascino della scena sono riposti nei dialoghi tipici dell’idioma marxiano, e nell’assurdità della situazione, oltre che sul contrasto sublime fra il precipitare degli eventi e l’aura serafica di Driftwood, che pensa persino di “sfruttare la comodità” della manicure.
Tutto il senso e il fascino della scena sono riposti nei dialoghi tipici dell’idioma marxiano, e nell’assurdità della situazione, oltre che sul contrasto sublime fra il precipitare degli eventi e l’aura serafica di Driftwood, che pensa persino di “sfruttare la comodità” della manicure.
Dicevamo del linguaggio cinematografico tanto piano
e lineare quanto il linguaggio dei Brothers risulta surreale e intermittente.
La mdp è sempre ferma, inquadrature fisse, per lo
più in campo medio, pochissimi stacchi
(6, all’inizio, durante l’ordinazione) per spostare la visione dall’interno
all’esterno della cabina, come per mettere in comunicazione i due mondi, quello
dell’assurdo e dell’alogico (la cabina) e quello della normalità e della logica
(il corridoio all’esterno).
All’interno della cabina,
pur immersa nel caos appena descritto, la mdp rimane immobile, in campo totale, impassibile, quasi
sopraffatta dal movimento claustrofobico dei personaggi.
Ancora pochissimi stacchi su alcuni particolari, il piede di Harpo e la mano di Chico sulla cassetta della toeletta, l’inquadratura su Harpo che dorme nel cassettone del baule, un primo piano di Groucho e della manicure; niente più.
Ancora pochissimi stacchi su alcuni particolari, il piede di Harpo e la mano di Chico sulla cassetta della toeletta, l’inquadratura su Harpo che dorme nel cassettone del baule, un primo piano di Groucho e della manicure; niente più.
Si rinuncia persino all'uso del recadrage e i cambiamenti di posizione
della mdp non sono più di due o tre, di cui uno solo significativo.
Tutto questo proprio per
riequilibrare la frenesia dei personaggi; con una mdp ballerina si sarebbe
ottenuto un effetto ubriacante per lo spettatore; e poi, il vero godimento, in questo caso, sta proprio nella visione di tutto l’ambiente
di ripresa e non nella sua scomposizione.
Quando la situazione ha raggiunto il parossismo con Tomasso che si getta, ancora dormendo,
sui vassoi di portata, arriva Mrs.
Claypool (che aveva un appuntamento con Driftwood)
a "sbloccare" l'intricatissima e ormai insostenibile situazione.
Mrs. Claypool, ignara, apre la porta
della congestionatissima cabina che esplode letteralmente, come un tappo dalla bottiglia di
champagne, lasciando schizzare fuori tutti i personaggi che si riversano sul
corridoio, dando il via alla dissolvenza
in nero che chiude l’episodio.
L’operazione di decostruzione del principio di
realtà e delle sue logiche comportamentali è completa.
Il Video
Fratelli Marx_la_cabina_esplode (Una Notte all'Opera) from Fatti a Pezzi on Vimeo.
![]() |
quattro dei Marx Brothers |
Profilmico: si definisce “profilmico” tutto ciò che
“entra nell’obiettivo” della mdp e che si trova “in campo”, appositamente per
essere filmato; cioè tutti quegli elementi che compongono scientificamente
l’ambiente di ripresa (oggetti, arredamenti, personaggi) e che rendono
possibile la “messa in scena”.
Screwball comedy: lett. “commedia svitata”;
variazione sul genere della commedia che per il suo ritmo frenetico, e per la
catena ininterrotta di gag, trascina
lo spettatore in un vortice di situazioni divertenti e paradossali, senza
soluzione di continuità.
Slapstick: lett. “spatola di Arlecchino” (la tavoletta
di legno che usavano i comici per simulare il rumore di una colluttazione; la
“slapstick comedy” (la commedia delle “torte in faccia e delle bastonate”)
costituisce una variazione sul genere della commedia sul modello delle prime
comiche alla Mack Sennett, Ridolini, Buster Keaton, Stanlio & Ollio, ecc.;
comiche il cui principale divertimento si basava sul continuo lancio di torte
in faccia, scambi di colpi “proibiti” e inseguimenti affannosi.
Campo totale: è un tipo d’inquadratura in cui si definisce la rappresentazione, per intero, di un ambiente: di un esterno circoscritto oppure di un interno (come in questo caso specifico).
Recadrage: lett. “re-inquadratura”; consiste in
brevissimi e impercettibili movimenti della macchina da presa che hanno lo
scopo di mantenere il giusto rapporto tra le figure in campo e la cornice dell’inquadratura, conservando il giusto “equilibrio”
grafico dell’immagine.
Dissolvenza in nero: è la classica “dissolvenza
di chiusura” in cui l’immagine scompare progressivamente sullo schermo che
diventa progressivamente nero; è un’inquadratura
di transizione che serve a segmentare i vari “episodi” di un film.
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