sabato 24 marzo 2012

Tilai (il ritorno di Saga)


Fatti a pezzi ... brandelli di cinema da ricucire


Tilaï - 1990 - di Idrissa Ouedraogo

Tilaï: l'amore negato

Tilaï (La Legge, 1990), di Idrissa Ouedraogo, costituisce un raro esempio di circolazione, seppure limitata a pochi eletti circuiti, di film prodotti in Paesi che vivono ai margini della grande industria culturale hollywoodiana ed europea e che riescono ad essere distribuiti grazie ad interventi come l’EFDO, programma M.E.D.I.A. dell'Unione Europea.
Il film di Ouedraogo è una co-produzione Burkina Faso/Svizzera/Francia, è completamente ambientato nel vecchio Alto Volta, oggi Burkina Faso, nei villaggi di Koumbri e Komsilga, e rappresenta uno dei migliori progetti realizzati grazie al sostegno finanziario di diversi enti europei, in particolare francesi (“Gran Premio della Giuria” a Cannes nel 1990).
Il film di Ouedraogo, all’epoca trentaseienne, con già sette titoli all’attivo, tra cui l’eccellente Yaaba (1989), affronta un tema classico della letteratura e della cinematografia mondiale: “l’amore negato”; ma lo fa in modo politico e antropologico, toccando quelle corde di universalità che raramente, anche i più grandi, riescono a sfiorare.
Tilaï risulta tutto giocato su una doppia contrapposizione dialettica sviluppata, contemporaneamente, all’interno del registro estetico-formale e all’interno del registro della narrazione, della affabulazione.
Sotto l’aspetto della visione e della regia, sempre molto lucida e misurata, il film si muove tra i grandi spazi desertici che avvolgono i pochi e poveri villaggi disseminati qua e là, e gli spazi chiusi, angusti, determinati dai recinti all’interno dei villaggi stessi.
Sotto l’aspetto dei contenuti, il processo narrativo si dipana attraverso la fenomenologia del conflitto tra le infinite possibilità e libertà offerte dallo spazio aperto e le barriere culturali imposte dalle convenzioni e dalle regole del vivere in comunità, dalla famiglia stessa, all’interno dello spazio fisico del villaggio.
L’essenza del conflitto amoroso ha regole precise, tanto in Burkina Faso quanto nell’Occidente industrializzato; che poi le difficoltà, gli impedimenti, le sofferenze, sorgano da leggi e questioni etiche, etologiche potremmo dire, molto differenti, rappresenta solo il "tratto culturale" della grande battaglia che l'uomo conduce sulla terra.
Ciò che più conta, per Ouedraogo, è la ritualità del conflitto tra dimensione sociale e dimensione individuale; conflitto che risiede sempre sui medesimi stati dell’anima, sulla profondità e l’esplosività dei sentimenti che torcono le viscere e sull'indifferenza della Legge.
L’ordine costituito, la comunità del villaggio, impone vincoli e costrizioni, non risparmia neppure torture, “suicidi d’onore” pubblici e omicidi punitivi: l’amore possibile del villaggio esclude completamente l’amore impossibile dei veri amanti.
Le dissoluzioni delle famiglie e dei legami di sangue vengono decretate da un ferreo codice d’onore che soggioga qualsiasi affetto ed esclude qualsiasi ripensamento.
La macchina da presa (mdp) asseconda con sobrietà questo contrasto tematico, muovendosi con molta fluidità e discrezione tra gli spazi aperti che circondano il villaggio, teatro principale della vicenda, e lo spazio chiuso del villaggio stesso, con l’atmosfera simbolicamente asfittica che si respira a ridosso delle sue capanne.
Il luogo-chiave del film è costituito da quella zona franca tra deserto e villaggio rappresentata dallo spazio intermedio situato tra il perimetro del villaggio stesso e lo spazio aperto e indifferente del deserto circostante.
In questa sorta di limbo si svolgono le due scene fondamentali del film: il finale tragico in cui si compie il “delitto d’onore” richiesto dalle regole della comunità; l’incontro-scontro che dà inizio alla vicenda drammatica, con l’arrivo di Saga/Rasmane Ouedraogo che torna, dopo due anni di assenza, a sconvolgere le tranquille regole della comunità, rivendicando il diritto di sposare Nogma/Ina Cisse, andata nel frattempo in sposa al padre di Saga stesso.
E’ appunto in questa scena iniziale che si manifesta subito la disposizione “strategica” delle due parti in conflitto: l’elemento di disturbo, anarchico e dissolutore, che rivendica i diritti della passione e del sentimento e l’intera comunità, schierata sulle posizioni consolidate dalla tradizione.
Questa “guerra dei mondi” si configura come uno scontro tutto risolto all’interno dello stesso nucleo familiare; il primo a fronteggiare Saga e a rivelargli lo stato delle cose è Kougri/Assane Ouedraogo, il fratello di Saga.
Kougri che pure affettivamente è solidale con Saga, assume il compito di portavoce della comunità e della legge.
Il confronto tra i due fratelli è rapidissimo, secco; occorrono pochissime parole per chiarire situazione e ruoli.
Ouedraogo isola subito le due figure principali della scena, Saga che suona il corno per annunciare il suo arrivo, Kougri che esce dalla capanna e si rivolge a Nogma per tranquillizzarla.
Segue un campo lunghissimo, ripreso dalla semisoggettiva di Saga, del villaggio che si anima, simile a un formicaio; lentamente la macchia bianca di Kougri si stacca dal resto del gruppo e avanza verso Saga che a sua volta si muove per andargli incontro.
I due stacchi successivi ci propongono prima Saga che scende dalla collinetta e poi Kougri che avanza a grandi passi nella pianura fino a raggiungere Saga in un faccia a faccia in primo piano.
Altri due stacchi rapidi e incisivi ci mostrano gli altri protagonisti della storia, incorniciandoli, per coppie, in due brevissime inquadrature: la prima coppia è costituita dal padre di Saga che trattiene Nogma, la seconda coppia dalla sorella minore di Nogma e dalla madre.
Con un ulteriore stacco si torna su Saga e Kougri che stanno discutendo; la mdp si limita ad inquadrare lo spazio, la porzione di spazio in cui i personaggi si muovono animando l’inquadratura.
La discussione si esaurisce velocemente e mentre Saga, sentendosi tradito, volta le spalle a Kougri e si allontana verso la collinetta, nell’inquadratura successiva il capo villaggio si avvicina a Kougri e quando i due si voltano e tornano verso il centro del villaggio, lo sguardo di Ouedarogo torna ancora da Saga che, solo, si sta a sua volata allontanando fino a diventare un figura appena percettibile, in campo lunghissimo, nello spazio aperto e solitario del "fuori villaggio". 
La mdp rispecchia fedelmente l’estrema misura con cui Saga e Kougri si affrontano; non ci sono movimenti di macchina, la presentazione dello spazio del profilmico viene data attraverso un montaggio asciutto e perentorio, fatto di riprese fisse in cui sono i personaggi a muoversi dentro la cornice dell’inquadratura.
Personaggi i cui movimenti sembrano rispettare un preciso ordine gerarchico, ordine confermato dalle inquadrature di gruppo in cui si muovono solo i protagonisti della storia, circondati dall’immobilità generale.
Ouedraogo sembra voler insistere, con il suo stile netto e quasi antidrammatico, sul contrasto eternamente esistente tra la vitalità che anima i personaggi travolti dalla passione e che grazie a questa passione diventano portatori di istanze rivoluzionarie e liberatrici, e la fissità del gruppo, omogeneamente compatto, a rimorchio del carro delle convenzioni.
E' già tutto annunciato, sin dal titolo. Il conflitto tra legittimità e potere, tra diritto positivo e diritto del cuore ha scelto le sue vittime e il richiamo all'Antigone di Sofocle non sembri azzardato: ci sono conflitti che sono universali e attraversano l'animo umano appena "travestiti" da culture diverse. E' questo il messaggio più grande di Tilaï. 
Il Video 

Tilai (1990) di Idrissa Ouedraogo from Fatti a Pezzi on Vimeo.

Idrissa Ouedraogo
Piccolo Dizionario Tecnico

Campo lunghissimo: è un tipo di ripresa molto particolare, che serve ad esaltare la presenza del paesaggio; nel cll la figura umana è ridotta a semplice elemento nell’orizzonte più ampio del paesaggio.

Semisoggettiva: è un'inquadratura che, come la soggettiva, mostra il punto di vista del personaggio; ma sfruttando un'angolazione di ripresa lievemente differente, non ne rispecchia fedelmente la posizione dello sguardo; nella semisoggettiva entrano in campo anche la nuca e le spalle del personaggio.

Profilmico: si definisce “profilmico” tutto ciò che “entra nell’obiettivo” della mdp e che si trova “in campo”, appositamente per essere filmato; cioè tutti quegli elementi che compongono scientificamente l’ambiente di ripresa (oggetti, arredamenti, personaggi) e che rendono possibile la “messa in scena”.

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